Se il tempo non avesse mutato la storia economica e sociale del nostro Paese, oggi definiremmo il piccolo scorcio della valle dell'Olona che si apre ai piedi di Malnate "polo industriale". Quanto rimane invece rientra ormai nella "archeologia industriale", resti abbandonati di una realtà lavorativa che animò la vita dei nostri avi. I soli toponimi delle località che si incontrano scendendo nella valle sono sufficienti per farci capire quanto fosse cruciale questa zona per l'economia malnatese: le Gere e la "Curva di Vagunei", lasciano trasparire l'attività di estrazione delle ghiaie svolta sin dal XVIII secolo, che venivano caricate su piccoli vagoni e trasportate fino alla strada per Varese, la frazione della Folla deve probabilmente il suo nome all'attività di follatura dei tessuti o alla produzione di carta.
Ma chiudiamo gli occhi e facciamoci accompagnare nel racconto della secolare storia produttiva della nostra valle.
A destra, una foto probabilmente degli anni 30 del 900. In primo piano il viadotto ferroviario che collega Malnate a Varese, noto come "ponte di ferro", nel fondovalle l'antico "incannatoio delle Gere" e alle sue spalle le cave di ghiaia alla "curva di vagunei" con l'abitato di Malnate sullo sfondo.
Anno 2020
Un turista si lascia le spalle il traffico di via Varese, incamminandosi lungo via Gere. Segue lo scorrere incessante delle acque del fiume Olona, addentrandosi tra fioriti prati e boschi rigogliosi, osservando di qua e di là dal corso d'acqua vecchi ruderi che si ergono, chi in verticale chi in orizzontale, tra una vegetazione che sta inesorabilmente prendendo il sopravvento. Si riposa all'ombra del grande ponte in calcestruzzo per proseguire il suo cammino verso Gurone, osservando sulla sponda opposta i resti dei binari della vecchia ferrovia della Valmorea.
Anno 1920
Se quel turista potesse tornare indietro di soli 100 anni, troverebbe una valle totalmente diversa attorno a sé. Scendendo lungo una polverosa strada per Varese, lasciate alle spalle le secolari cave di ghiaia alla "curva di vagunei", segue l'incessante rumore proveniente dalle fabbriche situate lungo il corso dell'Olona: alla grande officina meccanica Conti, che da poco ha assorbito gli edifici di una antica e importante cartiera, si unisce, nascosto in località Gere, un opificio per la spremitura di semi oleosi. Il nostro turista non trova nemmeno il maestoso ponte con i suoi bianchi pilastri, al suo posto il "ponte di ferro", grande opera ingegneristica di fine Ottocento, ai cui piedi transita la ferrovia che proviene da Castellanza e che da qualche anno è stata prolungata fino a Valmorea, diventando un volano per lo sviluppo delle imprese della valle. Sono questi i testimoni ultimi di una lunga storia industriale e produttiva che ha caratterizzato la nostra valle, sviluppatasi nell'arco degli ultimi 200 anni.
Anno 1850
La macchina del tempo riporta indietro il nostro viaggiatore di 70 anni, fino alla metà del XIX secolo. Probabilmente l'entità del rumore proveniente dalla valle sarebbe di poco differente da quello sentito nel suo primo viaggio, ma questa volta "responsabili" sono gli opifici distribuiti sulle sponde dell'Olona, operosi nella filatura della seta e del cotone. Attività che in quegli anni rappresentano un'industria di qualità, fiore all'occhiello dell'economia malnatese, ma che nei primi anni del 900, al termine di un periodo di crisi generalizzata del settore, andranno incontro a un secondo grande cambiamento della linea produttiva, con la conversione nelle officine meccaniche che abbiamo conosciuto poco fa.
Anno 1750
Un altro salto indietro nel tempo, altri cento anni tondi tondi, e il nostro turista tornerebbe in una tranquilla valle, dove a farla da padrone è l'attività dei mugnai, intenti alla pulizia delle rogge molinare, alla manutenzione delle macine e a scaricare dai carri il grano, per poi caricarne la farina. Il mulino è stato per secoli il fulcro della vita economica e sociale della comunità, ma sta andando incontro a un primo radicale cambiamento che vedrà la nascita degli impianti di lavorazione di seta e cotone.
Il Mulino delle Sette Mole, posto più a monte degli altri, sorgeva lungo la strada che da Varese portava a Como, tra le attuali rotonde di Via Varese e Viale Belforte. Nel 1753 è di proprietà di Stefano Pessina, mentre nel 1772 proprietaria è la famiglia Sottocasa. Lo ritroviamo ancora attivo negli anni 70 dell'Ottocento, di proprietà dei Consorti Realini e delle sorelle Taglioretti. Oltre alla produzione alimentare (sia farina che riso), è presente anche un'impianto di "follatura" della carta di Battista Zorzi. Il suo destino andò unicamente in quest'ultima direzione.
Il Mulino dei Ratti, situato a ridosso dell'attuale rotonda di via Varese, viene descritto come struttura in pietra e mattoni, con pianta irregolare, edificata su due piani con una corte centrale. Documentato già nel 1772, risultava allora di Donna Elena Pessina, lo ritroviamo di proprietà di Pietro Taglioretti nel 1827.
Il Mulino della Folla, l'attuale Mulino Bernasconi (nell'immagine la ruota lungo la roggia molinara), è il più noto e l'unico ad aver mantenuto fino ai giorni nostri la struttura produttiva in opera. Attestato sin dal Catasto Teresiano del 1722, ad esso sarà dedicato uno specifico approfondimento tra le nostre "Perle".
Del Mulino Gere, situato nei pressi dell'omonima località, non si hanno ulteriori informazioni se non la posizione e l'attestazione a partire dalla seconda metà del 1700. Nei primi decenni del 1800 fu probabilmente inglobato nell'opificio Maggi.